Tutti gli esseri viventi, comunque, traggono origine da altri; l'unico a nascere riproducendosi da sé è un uccello che gli Assiri chiamano fenice. Non di erbe o di frumento vive, ma di lacrime d'incenso e stille d'amomo, e quando giunge a cinque secoli di vita, se ne va in cima a una tremula palma e con gli artigli, col suo becco immacolato si costruisce un nido tra il fogliame. E non appena sul fondo ha steso foglie di cassia, spighe di nardo fragrante, cannella sminuzzata e bionda mirra, vi si adagia e conclude la sua vita fra gli aromi. Allora, si dice, dal corpo paterno rinasce un piccolo di fenice, che è destinato a vivere altrettanti anni. E quando l'età gli ha dato le forze per reggere alla fatica, libera i rami sulla cima della pianta dal peso del nido, religiosamente prende con sé la culla, sepolcro del padre, e, giunto sull'alito dell'aria alla città di Iperione, davanti alle porte sacre del suo tempio la posa. |
mercoledì 27 maggio 2015
FENICE NELLA METAMORFOSI DI OVIDIO
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