Deriva direttamente dal bennu egizio: la parola latina è phoenice‖, quella greca phoinix‖, termine che vuol dire rosso (collegato anche ai Fenici ed alla porpora, nonchè alla palma da dattero, ma anche a phònos = spargimento di sangue). Curiosamente, non si ha nessuna rappresentazione o effige greca della fenice, ma le descrizioni e le citazioni abbondarono, spesso creando leggende distorte sulla sua origine, vita e morte. Il primo a parlarne fu Esiodo, ma non mancarono i naturalisti come Plinio ed Eliano, ed ancora Ovidio, e molti altri. Esistono due tesi diverse. La prima sosteneva che essa avesse un padre. Secondo Erodoto, proveniva dall‘Arabia, ed ogni 500 anni giungeva ad Eliopoli per seppellirvi la salma del padre che portava in un uovo, accompagnata da un stormo di uccelli.
Secondo Tacito, il volatile si fabbricava un nido in Arabia, da cui usciva la nuova fenice, che poi bruciava il padre.
La versione più conosciuta resta quella della fenice che non ha alcun padre e che, sentendo arrivare il momento della trasformazione, inizia a raccogliere erbe e rametti profumati (di natura ignea, quali mirra ed incenso) per costruirsi un pira funeraria, bruciata dal sole. Dalla cenere nasceva un piccolo verme che poi diveniva fenice. Queste due tradizioni spesso si intrecciarono, ma la caratteristica comune della fenice resta quella di essere un uccello solare.
Un dato interessante è la diversità del periodo della sua vita: 500 e 540 anni, 1000 anni e, nel caso di Tacito, 1461 anni, che corrispondono al periodo sothiaco: indicano il momento in cui il sole sorge insieme a Sirio. Da qui l‘identificazione della vita della Fenice con il Grande Anno, quando stelle, pianeti, luna e sole ritornano al punto di partenza.
In ogni caso, rappresenta il periodico rinnovamento dell‘universo che segue la sua distruzione alla fine di ogni ciclo e dà inizio ad una nuova età dell‘oro.
https://sites.google.com/site/gruppomizar/popoli-e-culture/--l-araba-fenice
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